Whistleblowing: le nuove regole in vigore dal 15 luglio 2023
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Whistleblowing: le nuove regole in vigore dal 15 luglio 2023

Con il termine Whistleblowing s’intende la rivelazione spontanea da parte di un individuo, detto “segnalante” (in inglese “whistleblower”) di un illecito.

Il Decreto Legislativo del 10 marzo 2023, n. 24, in attuazione della Direttiva UE 2019/1937, è lo strumento con cui il Legislatore è intervenuto in tema di denuncia delle violazioni di disposizioni normative nazionali o europee che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato, e di tutela dei segnalatori che ne siano venuti a conoscenza in un contesto lavorativo pubblico o privato.

Si tratta del cosiddetto fenomeno del whistleblowing, termine che indica, appunto, la procedura di segnalazione di illecito ovvero violazione di normative italiane o dell’Unione Europea, che potrebbero sfociare in un reato, dei quali sia venuto a conoscenza un soggetto durante lo svolgimento dell’attività lavorativa (es. violazione delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro).

La finalità principale della disciplina è quello di rafforzare i principi di trasparenza e responsabilità e di prevenire la commissione dei reati. Infatti, la Direttiva UE ha come obiettivo la creazione di canali di segnalazione efficaci, riservati e sicuri utili ai potenziali whistleblower.

I datori di lavoro obbligati

Oltre al settore del pubblico impiego, dove le disposizioni si applicano alla globalità degli enti pubblici, per i soggetti del settore privato, la normativa si applica:

  • ai soggetti che hanno impiegato, nell’ultimo anno, la media di almeno 50 lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato;
  • ai soggetti che, pur non avendo occupato, nell’ultimo anno una media di almeno 50 lavoratori, si occupino di mercati finanziari e prevenzione di riciclaggio e del finanziamento di terrorismo e a coloro che adottano modelli di gestione e di organizzazione ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001.

 

I segnalatori (c.d. whistleblower)

Le tutele previste si applicano a coloro che segnalano violazioni di cui sono venuti a conoscenza nell’ambito del proprio contesto lavorativo, in qualità di dipendenti o collaboratori, lavoratori subordinati e autonomi, liberi professionisti ed altre categorie come volontari e tirocinanti anche non retribuiti, gli azionisti e le persone con funzioni di amministrazione, direzione, controllo, vigilanza o rappresentanza.

Inoltre, le misure di protezione si applicano anche ai c.d. “facilitatori”, colleghi, parenti o affetti stabili di chi ha segnalato. Oggetto delle segnalazioni sono sia le violazioni già perpetrate che quelle non ancora commesse, ma che molto verosimilmente potrebbero esserlo, quanto ancora atti od omissioni che il whistleblower abbia fondato motivo di ritenere violazioni, nonché tentativi di nascondere violazioni.

striscione denuncia

I canali di segnalazione

La segnalazione da parte del lavoratore potrà avvenire:

  • tramite gli strumenti messi a disposizione dall’ente o dalla azienda privata (ad esempio comunicazione ai rappresentanti preposti o alle organizzazioni sindacali) presso cui è svolta la prestazione lavorativa;
  • ovvero tramite una piattaforma esterna creata dall’ANAC (Autorità Nazionale Anti Corruzione).

I soggetti del settore pubblico e i soggetti del settore privato cui si applica la nuova normativa, sentite le rappresentanze o le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, sono tenuti ad attivare i propri canali di segnalazione (segnalazione interna).

Gli strumenti devono garantire, anche tramite il ricorso a strumenti di crittografia, la riservatezza dell’identità della persona segnalante, della persona coinvolta e della persona comunque menzionata nella segnalazione, nonché del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione.

La gestione del canale di segnalazione può essere affidata a una persona o a un ufficio interno dedicato ovvero ad un soggetto esterno autonomo e con personale specificamente formato per la gestione del canale di segnalazione.

I soggetti del settore pubblico cui sia fatto obbligo di prevedere la figura del responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza affidano a quest’ultimo la gestione del canale di segnalazione interna.

La persona segnalante può effettuare una segnalazione esterna se, al momento della sua presentazione, ricorre una delle seguenti condizioni:

  • non è prevista, nell’ambito del suo contesto lavorativo, l’attivazione obbligatoria del canale di segnalazione interna ovvero anche se obbligatorio, non è attivo o non è conforme a quanto previsto dal Decreto;
  • la persona segnalante ha già effettuato una segnalazione interna e la stessa non ha avuto seguito;
  • la persona segnalante ha fondati motivi di ritenere che, se effettuasse una segnalazione interna, alla stessa non sarebbe dato efficace seguito ovvero che la stessa segnalazione possa determinare il rischio di ritorsione;
  • la persona segnalante ha fondato motivo di ritenere che la violazione possa costituire un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse.

L’ANAC è deputata ad attivare un canale di segnalazione esterna che garantisca, anche tramite il ricorso a strumenti di crittografia, la riservatezza dell’identità della persona segnalante, della persona coinvolta e della persona menzionata nella segnalazione, nonché del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione. L’Autorità dovrà inoltre adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 24/2023, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, le linee guida relative alle procedure per la presentazione e la gestione delle segnalazioni esterne.

Le segnalazioni interne ed esterne possono essere effettuate in forma scritta, anche con modalità telematiche (per le segnalazioni esterne è prevista un’apposita piattaforma informatica), oppure in forma orale attraverso linee telefoniche o sistemi di messaggistica vocale ovvero, su richiesta della persona segnalante, mediante un incontro diretto.

Misure di protezione

I segnalanti non possono subire alcuna ritorsione in funzione dell’attività segnalata.

Il Decreto elenca espressamente anche alcuni comportamenti da considerare ritorsivi. A titolo di esempio vengono indicate le seguenti fattispecie: il licenziamento, la sospensione o misure equivalenti, la retrocessione di grado o la mancata promozione, il mutamento di funzioni, il cambiamento del luogo di lavoro, la riduzione dello stipendio, la modifica dell’orario di lavoro, la sospensione della formazione o qualsiasi restrizione dell’accesso alla stessa, le note di merito negative o le referenze negative, l’adozione di misure disciplinari o di altra sanzione, anche pecuniaria, la coercizione, l’intimidazione, le molestie o l’ostracismo, la discriminazione o comunque il trattamento sfavorevole, la mancata conversione di un contratto di lavoro a termine in un contratto di lavoro a tempo indeterminato, laddove il lavoratore avesse una legittima aspettativa alla conversione, il mancato rinnovo o la risoluzione anticipata di un contratto di lavoro a termine.

Tempistiche di adeguamento alla normativa

Le disposizioni hanno effetto a decorrere dal 15 luglio 2023.

Tuttavia, per i soggetti del settore privato che hanno impiegato, nell’ultimo anno, una media di lavoratori subordinati, con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato, fino a 249, l’obbligo di istituzione del canale di segnalazione interna decorre dal 17 dicembre 2023.

 

 

 

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